Ai sensi dell’art. 801 c.c. la donazione può essere revocata per ingratitudine soltanto in quattro distinte ipotesi e cioè quando il donatario:
1) abbia commesso uno dei gravi delitti indicati ai n.1, 2 e 3 dell’art. 463 c.c., ipotesi di indegnità a succedere, omicidio o tentato omicidio dell’ereditando (donante) o del di lui coniuge, di un discendente o un ascendente (sempre che non ricorra il caso fortuito o la forza maggiore o una delle cause che escludono la punibilità); un fatto al quale la legge dichiara applicabili le disposizioni sull’omicidio; l’aver denunziato calunniosamente una delle dette persone per reato punibile con l’ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni;
2) abbia arrecato grave pregiudizio al patrimonio del donante con la propria condotta dolosa;
3) abbia omesso di prestare allo stesso gli alimenti, qualora ne sussistano i presupposti di fatto;
4) si sia reso colpevole di ingiuria grave nei confronti di quest’ultimo;
La revoca della donazione per ingratitudine costituisce una delle tassative cause di scioglimento del contratto di donazione «ammesse dalla legge», così come previsto genericamente dall’articolo 1372 c.c.
Eccezionalmente, il legislatore considera giuridicamente rilevanti, dopo la stipulazione della donazione, determinati fatti che, se esistiti prima della donazione, avrebbero chiaramente influito sulla volontà del donante, facendolo quindi desistere dal donare o, comunque, determinandolo a decidere diversamente.
Sorge allora un diritto potestativo, ad esercizio giudiziale, verificandosi tali elementi in capo al donante, con possibilità di scegliere se mantenere in vita oppure revocare la donazione ottenendone pertanto la cessazione degli effetti.
La domanda giudiziale di revoca della donazione per ingratitudine non può essere introdotta se è trascorso un anno dal momento in cui si è presa conoscenza del fatto integrante la fattispecie d’ingratitudine.
La giurisprudenza di legittimità ravvisa quale presupposto della revocazione il comportamento del donatario, successivo alla donazione, con il quale si rechi all’onore ed al decoro del donante un’offesa suscettibile di ledere gravemente il patrimonio morale della persona. In tale condotta si rileva un sentimento di avversione che manifesta tale ingratitudine verso colui che ha beneficato l’agente, tale da ripugnare la coscienza comune. La nozione di ingratitudine possiede una connotazione tecnica e in parte coincide con quei casi che l’art 463 cod.civ. annovera tra le situazioni dalle quali scaturisce l’indegnità a succedere.
Per quanto attiene all'”ingiuria grave”, l’espressione appare differente rispetto alla nozione giuridica che si ritrae dalla mera lettura delle norme che sanzionano i reati di ingiuria e di diffamazione. il concetto di ingiuria grave fatto proprio dall’art. 801 c.c., prescinde dallo schema applicativo del delitto di ingiuria ex art. 594 c.p e si configura come una categoria ben più ampia di quella penalistica. Va, inoltre, precisato che per l’azione ex art. 801 c.c., non si richiede che sussistano i presupposti giuridici per l’avvio dell’iniziativa penale.
La S.C. ha avuto modo al riguardo di riferirne in chiave di “un’azione consapevole e volontaria del donatario direttamente volta contro il patrimonio morale del donante, risolvendosi in una manifestazione di perversa animosità verso il donante idonea a giustificare il pentimento rispetto al compiuto atto di liberalità” (Cass. Civ. Sez. II, 10614/90; cfr. anche Cass. Civ. Sez. II, 8445/90). In concreto, può consistere non soltanto nel proferimento reiterato e costante di espressioni ingiuriose, ma anche in condotte materiali quali la sottrazione fraudolenta dei frutti di beni donati quando il donante se ne sia riservato l’usufrutto; ancora, nell’adulterio (Cass. Civ. Sez. II, 6208/93; Cass. Civ. Sez. II, 5410/89) anche se l’aver intrecciato una nuova relazione può non costituire di per sè causa di revocazione quando le modalità non siano di per sè ingiuriose (Cass. Civ. Sez. II, 2003/87). Occorre, in pratica, che la condotta ingiuriosa del donatario abbia creato una situazione di riprovazione sociale (Cass. Civ., Sez.II, 23545/11).
Anche l’aver arrecato dolosamente un grave pregiudizio al patrimonio del donante non sempre integra la precisa fattispecie, dovendo essere la circostanza ambientata e relazionata alle condizioni economiche del donante. Inoltre l’attitudine della condotta del donatario deve arrecare un concreto ed effettivo pregiudizio (non è sufficiente una situazione di semplice pericolo che non sia sfociato in un danno effettivo).
Infine, la revocazione può essere domandata nell’ipotesi di indebito rifiuto del donatario ad erogare al donante gli alimenti che gli siano dovuti in virtù dei vincoli parentali o adottivi (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 25248/13, che sottolinea l’indispensabilità della sussistenza dello stato di bisogno del donante, nella specie escluso per il fatto della percezione di una pensione adeguata; in tal senso si veda anche Appello di L’Aquila, 5 ottobre 2013) , non già in caso di violazione dell’obbligo alimentare scaturente dalla donazione stessa. Infatti l’ultima parte dell’art. 801 cod.civ. richiama espressamente soltanto gli artt. 433 e 436 cod.civ. e non gli artt. 437 e 438 cod.civ.. Ulteriori condotte non rileverebbero ai fini della revocazione. Così è stato deciso che il rifiuto opposto dal donatario di acconsentire alla richiesta del donante di porre in vendita l’immobile oggetto della liberalità non integri l’ipotesi in esame (Cass. Civ. Sez. II, 5333/04).
Esaminiamo l’evoluzione giurisprudenziale al riguardo:
La Cassazione con la Sentenza del 28 maggio 2008, n. 14093 ha stabilito che costituisce ingiuria grave l’atteggiamento complessivamente adottato, menzognero e irriguardoso verso il marito, all’insaputa del quale la ricorrente si univa con l’amante nell’abitazione coniugale.
Se la moglie tradisce il marito con uno più giovane, è possibile applicare la revocazione della donazione per ingratitudine. Costituisce ingiuria grave, presupposto della revocazione – non tanto il fatto che la ricorrente, la quale all’età di trentasei anni, già madre di tre figli, aveva intessuto una relazione con un ventritreenne, protrattasi clandestinamente per vari anni e sfociata nell’abbandono della famiglia per convivere con il nuovo compagno, quanto l’atteggiamento complessivamente adottato, menzognero e irriguardoso verso il marito, all’insaputa del quale la ricorrente si univa con l’amante nell’abitazione coniugale.
La Cassazione, chiamata nuovamente a decidere un nuovo caso di revoca della donazione per ingratitudine, con la sentenza 22936/2011 ha condiviso il giudizio della Corte di appello di Roma, che aveva identificato l’ingratitudine della donna – alla base della revocazione della donazione – proprio nel fatto che ella aveva portato avanti negli anni una relazione adulterina, anche dunque dopo essersi sposata e aver ricevuto abbondanti regali, fino ad abbandonare il marito per l’amante, in un momento in cui egli risultava bisognoso di assistenza. In tal senso è stato determinante l’abbandono nel momento del bisogno.
Tuttavia da tali pronunce non potrebbe certo desumersi che l’infedeltà coniugale possa sic et simpliciter rilevare ai fini della revoca, bensì che l’infedeltà, laddove attuata con modalità oggettivamente lesive del patrimonio morale del donante potrebbe costituire un’ingiuria grave rilevante ex art. 801 c.c.. per ulteriori approfondimenti clicca qui.