Suscita scalpore la nota vicenda della femmina di barboncino toy, Minù, venduta all’asta per € 300,00 a seguito del pignoramento a un allevamento di Villa Campanile (PI).
Inverosimilmente, per la prima volta, un essere vivente e senziente viene messo all’asta e la vendita deve ritenersi del tutto legittima, nonostante il cane non rientri nel novero degli “oggetti” vendibili. Invero, la legge italiana vieta il pignoramento di animali da compagnia e affezione, ma il barboncino in questione, in realtà, non appartiene alle categorie per le quali la legge esclude il pignoramento.
L’Art. 514 c.p.c., ai commi 6-bis e 6-ter (introdotti dall’art. 77 della L. 28 dicembre 2015, n. 221, in vigore al 02 febbraio 2016), sancisce chiaramente l’impignorabilità degli animali domestici ed esclude esplicitamente: 6-bis) Gli animali di affezione o da compagnia tenuti presso la casa del debitore o negli altri luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi, alimentari o commerciali; 6-ter) gli animali impiegati ai fini terapeutici o di assistenza del debitore, del coniuge, del convivente o dei figli.
Nel caso de quo, non siamo di fronte ad un’elusione della disciplina in quanto Minù, essendo stata allevata per scopo di lucro, non può essere considerata un animale da affezione. Orbene, la provenienza dell’animale, cresciuto in un allevamento e detenuto a fini produttivi e commerciali, ha fatto sì che il peloso potesse essere ritenuto pignorabile, non rivestendo le caratteristiche richieste dall’art. 514 ai commi 6-bis e 6-ter c.p.c. Nella vicenda in esame, non è stato ravvisato quel vincolo esistente tra l’uomo e l’animale da compagnia derivante dall’importanza e dal valore di quest’ultimo nonché dal contributo che esso apporta alla qualità della vita.