Con la sentenza della Corte di Cassazione n. 11504 del 10 maggio 2017, in aderenza all’evoluzione sociale è stato stabilito un principio innovativo in tema di assegno di divorzio non più ancorato al tenore di vita goduto durante il matrimonio, così come sancito dalle Sezioni Unite della Cassazione nel 1990, ma basato sulla valutazione dell’indipendenza e dell’autosufficienza economica del coniuge “debole” che lo richiede. Il revirement giurisprudenziale richiede la fase preliminare dell’an debeatur intesa come accertamento del diritto all’assegno e quella del quantum debeatur.
Innanzitutto si dovrà verificare se la domanda del coniuge richiedente scaturisce dalla mancanza di mezzi adeguati e/o dall’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive. Tale valutazione dovrà basarsi sui seguenti parametri:
1)possesso di redditi di qualsiasi specie;
2) possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, considerando tutti gli oneri e il costo della vita nel luogo di residenza dell’ex coniuge richiedente;
3) capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente ed autonomo;
4) stabile disponibilità di una casa di abitazione.
Sotto l’aspetto del quantum debeatur gli elementi da tenere in considerazione sono i seguenti: condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico apportato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi.
I predetti elementi saranno da rapportare con la durata del matrimonio al fine di determinare in concreto la misura dell’assegno. La prova della non indipendenza economica grava sul coniuge che fa valere il diritto all’assegno di divorzio.
La sentenza 11504/2017 ha spiegato che l’adeguatezza dei mezzi vada parametrata non più al tenore di vita condotto dalla famiglia in costanza di matrimonio bensì all’autosufficienza economica del coniuge richiedente. Ma quali sono i parametri per valutare la sussistenza o meno dell’autosufficienza economica del coniuge che fa valere il diritto all’assegno di divorzio?
Il Tribunale di Milano con ordinanza del 22 maggio 2017 ha suggerito alcuni parametri spiegando che l’indipendenza economica dell’ex coniuge deve intendersi quale capacità per una determinata persona adulta e sana – tenuto conto del contesto sociale di inserimento – di provvedere al proprio sostentamento, inteso come capacità di avere risorse sufficienti per le spese essenziali (vitto, alloggio, esercizio dei diritti fondamentali). Altro parametro di riferimento può essere rappresentato dall’ammontare degli introiti che, secondo le leggi dello Stato, consente (ove non superato) a un individuo di accedere al patrocinio a spese dello Stato (soglia attuale € 11.528,41 annui). Ulteriore paramentro di riferimento potrebbe essere il reddito medio percepito nella zona in cui il richiedente vive ed abita.
Ogni questione andrà valutata caso per caso. Non possono infatti essere trattati alla stessa stregua il coniuge che non abbia per nulla contribuito alla gestione della vita familiare, conducendo vita libera e disordinata e il coniuge che, invece, abbia dedicato, durante il matrimonio, tutta la sua energia alla cura della famiglia, occupandosene in via prevalente, rinunciando, per detto motivo, a crearsi un’indipendenza economica e una professionalità, ma anzi, contribuendo alla realizzazione professionale dell’altro coniuge e ai suoi incrementi reddituali. In tale ultimo caso l’istituto dell’assegno di divorzio rimarrà ancorato al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.