Lo spunto per la stesura di questo articolo scaturisce da un provvedimento urgente e provvisorio in materia di separazione dei coniugi emesso dal Tribunale di Taranto in cui il Giudice nel disciplinare il diritto di visita non riconosceva al padre il diritto di tenere presso di sé la figlia minore di anni 4 durante i week end e non gli consentiva di far pernottare la piccola nella dimora paterna. Contro tale provvedimento è stato proposto reclamo presso la Corte d’Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto. In attesa di conoscere l’esito, è doveroso esaminare le pronunce giurisprudenziali più recenti.
E’ ormai noto che Il giudice può autorizzare il pernottamento del minore col padre già a due/tre anni di vita del bambino; l’incapacità dell’uomo a prendersi cura del figlio invocata dalla madre non può essere presunta ma va dimostrata. In caso di separazione dei genitori, il minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo sia con la madre che con il padre.
Nessun limite di età potrebbe impedire al padre di trascorrere la notte con il proprio figlio. La giurisprudenza maggioritaria ha assimilato dall’esperienza corrente l’esigenza di garantire al coniuge non collocatario, sia esso padre o madre, un adeguato ed effettivo diritto di visita, nel senso che tale diritto non deve né può consistere nel riconoscere un marginale e contenutissimo orario per l’incontro figlio-genitore, onde soddisfare un formale contatto od approccio, ma nel garantire un’adeguata porzione di tempo utile in cui il minore ha tempo e modo sufficienti per “conoscere” detto genitore, nel senso di farne proprie come esperienza viva le attitudini affettive e gli aspetti caratteriali. L’esigenza di conoscenza ha lo stesso peso ed importanza dell’esigenza di comunicare affetto al minore da parte del genitore, in quanto conoscenza ed affetto sono bagagli indispensabili per la serena crescita del minore.
Anche le leggi internazionali, nel pieno rispetto del diritto del fanciullo, impongono “di mantenere relazioni personali e contatti diretti in modo regolare con entrambi i genitori, salvo quando ciò sia contrario all’interesse superiore del fanciullo”.
Posto che non esiste una norma che individui l’età minima idonea affinché un bambino possa pernottare con il padre, si ricorre alla giurisprudenza che ha stabilito che già all’età di tre anni il minore possa pernottare con il padre, intensificando la frequentazione già all’età di tre anni e sei mesi al fine di consolidare il rapporto padre figlio e di migliorare le capacità di accudimento dei papà nei confronti dei figli.
La Suprema Corte con sentenza n. 19594/11 aveva ritenuto opportuno far trascorrere al minore una sola notte a settimana con il papà fino all’età di 4 anni.
Il Tribunale di Milano con decreto del 14.01.2015, in riferimento alla separazione di una coppia con una bimba di soli due anni, ha affermato che «la genitorialità si apprende facendo i genitori» e di sicuro non può affermarsi per presunzione che un padre non sappia fare il genitore. Tale provvedimento disciplinava il diritto di visita in maniera esemplare poiché prevedeva l’affidamento della piccola ad entrambi i genitori, la sua permanenza con il padre almeno un giorno infrasettimanale e il pernottamento con quest’ultimo a week end alterni, oltre che naturalmente un’equa alternanza dei periodi di festa.
Tale pronuncia deve ritenersi in linea con l’orientamento della Corte d’Appello di Catania (decreto del 16.10.2013) che, sempre con riguardo alla separazione di una coppia con figli minori tra cui una bambina di soli due anni, aveva già affermato che la madre deve dimostrare il pregiudizio che subirebbe il bambino nel trascorrere la notte col papà. Impedire al minore di pernottare con il padre significherebbe privarlo delle più elementari consuetudini quali, ad esempio, cenare, riposare nella casa paterna, condividere i momenti legati al calar della sera.
Nel caso in esame, il giudice ha stabilito che i minori dovessero trascorrere con il padre almeno due interi fine settimana in un mese e alcune ore nell’arco di due giorni infrasettimanali, rimettendo al buon senso dei genitori ogni altra questione pratica.
Pertanto, è doveroso concludere che il divieto di pernottamento del minore con il padre sarebbe giustificato solo per un neonato o per un bimbo non ancora svezzato che per esigenze primarie (ad. Es. l’allattamento) ha necessità di rimanere con la madre. Per il resto tale limitazione non può basarsi sul preconcetto secondo cui solo le mamme sarebbero in grado di comprendere le necessità e i bisogni dei propri figli mentre i padri sarebbero incapaci di espletare l’accudimento di un bambino in tenera età.