Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 19704/2015, hanno risolto il contrasto giurisprudenziale sorto in materia tributaria in ordine all’impugnazione della cartella esattoriale invalidamente notificata e conosciuta dal contribuente a mezzo estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal Concessionario.
I Giudici hanno preliminarmente chiarito la differenza terminologica e sostanziale tra i concetti di “ruolo” ed “estratto di ruolo”.
Il primo, atto impositivo espressamente previsto e regolato dalla legge, anche quanto alla sua impugnabilità e ai termini perentori per l’impugnazione, è un “provvedimento” proprio dell’ente impositore, quindi un atto potestativo contenente una pretesa economica dell’ente suddetto.
L’estratto di ruolo, invece, è e resta sempre solo un “documento”, un elaborato informativo e riepilogativo contenente gli elementi della cartella e dell’atto impositivo, il quale è formato dal concessionario della riscossione e non contiene (né per sua natura può contenere) nessuna pretesa impositiva, diretta o indiretta.
In generale, l’inidoneità dell’estratto di ruolo a contenere qualsivoglia pretesa impositiva, comporta indiscutibilmente la non impugnabilità dello stesso in quanto tale, anche perché il debitore non avrebbe interesse a richiedere l’annullamento del solo “documento”, senza incidere su quanto in esso rappresentato.
Le Sezioni Unite, tuttavia, attraverso un’interpretazione più ampia, hanno precisato che nel caso in esame è stata impugnata una cartella invalidamente notificata e conosciuta attraverso l’estratto di ruolo.
E’ stato chiarito che il ricorrente, in sede di ricorso, non intende impugnare il documento estratto di ruolo, ma ha interesse ad impugnare il contenuto del documento stesso ossia gli atti che l’estratto indica.
Tali atti (iscrizione in un ruolo per un preciso credito, relativa cartella di pagamento e notificazione della medesima) risultano univocamente impugnabili per espressa previsione di legge (artt. 19, lett d), 21, primo comma, d.lgs. 546/1992.
Nessun problema si pone quando sono stati validamente notificati, perché il contribuente ha diritto ed onere di impugnazione dal momento della notifica, mentre i rilievi critici attengono l’impugnazione di una cartella non validamente notificata e conosciuta per mezzo dell’estratto di ruolo.
Pertanto, è vero che l’estratto di ruolo non è impugnabile ma, nel caso di specie, il contribuente aveva ricevuto un estratto a mezzo del quale era venuto a conoscenza dell’iscrizione a ruolo e la sua opposizione, conseguente al ricevimento dell’estratto – si era rivolta proprio contro l’iscrizione a ruolo: la richiesta del ricorrente è infatti di invalidazione della cartella non correttamente notificata e non dell’estratto di ruolo, all’interno del quale erano contenuti i dati della cartella contro cui ha presentato ricorso.
La Corte ha affrontato anche la questione dei termini per l’impugnazione delle cartelle esattoriali. Si trattava di una cartella di pagamento, in teoria notificata nel maggio 2006, ma mai ricevuta. I 60 giorni di tempo per l’opposizione, dunque, non decorrono dalla data di notifica, non essendo mai stata correttamente eseguita, ma dalla data in cui il destinatario è venuto a conoscenza dell cartella attraverso l’estratto.
Gli Ermellini ritengono “ammissibile l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che ciò sia di ostacolo al disposto dell’ultima parte del terzo comma dell’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi previsa impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia stato imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione”.