La modifica dei provvedimenti adottati con la sentenza di separazione giudiziale o con il decreto di omologazione è possibile solo se sussistono fatti nuovi rispetto a quelli valutati in sede di emissione di detti provvedimenti. Il principio ha il suo fondamento giuridico nell’art. 156, ultimo comma, c.c. e nell’art. 9, Legge 898/70 che, in tema di divorzio, subordina la revoca o la modifica dei provvedimenti al sopravvenire di giustificati motivi. Analizziamo in concreto le motivazioni che hanno indotto La Corte d’Appello di Roma (decreto dell’1 marzo 2016) a rigettare il reclamo proposto contro le conclusioni del Tribunale che aveva respinto la domanda di modifica delle condizioni stabilite in sede di separazione consensuale.
Il convenuto, a seguito dell’omologazione della separazione consensuale, corrispondeva mensilmente la somma di Euro 650,00 (oltre al 50% delle spese straordinarie) a titolo di contributo per il mantenimento delle figlie. Con ricorso al Tribunale di Roma, la moglie ha chiesto l’aumento dell’assegno di mantenimento in favore delle figlie ad Euro 800,00 mensili oltre ad un ulteriore assegno pari ad Euro 500,00 mensili per il proprio mantenimento. A giustificazione adduceva di essere disoccupata, di aver abbandonato la casa in cui viveva (non essendo più in grado di sostenerne il canone locativo pari ad Euro 725,00) e di essersi trasferita, insieme alle figlie, a casa del compagno. Ai fini della modifica ex art. 710 c.p.c., il Tribunale ha ritenuto inconsistenti i motivi addotti atteso che il trasferimento presso il compagno non comportava una variazione in peius della sua condizione economica ma, addirittura, un miglioramento per il venir meno del pagamento del canone di locazione pari a Euro 725,00. Anche lo stato disoccupazionale, già sussistente all’epoca della separazione, non poteva considerarsi quale situazione modificativa in peius. Inoltre, consolidata giurisprudenza (Cass. 03.04.2015 n. 6855; Cass. 11.08.2011 n. 17195) ha statuito che un rapporto stabile di convivenza more uxorio può costituire causa di esclusione del presupposto per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento. Oltre a ciò, il Tribunale ha rilevato il mancato deposito della documentazione richiesta all’attrice con l’ovvia conseguenza di valutarne la condotta ex artt. 116 e 118 c.p.c.
I Giudici hanno rigettato la domanda perché il procedimento ex art. 710 c.p.c. non integra la revisio prioris instantiae e, quindi, la rivisitazione delle condizioni del giudizio di separazione, ma avvia un novum iudicium tendente a verificare se e in quale misura le circostanze sopravvenute abbiano alterato le situazioni presenti e valutate all’atto della separazione per adeguare l’importo, o lo stesso obbligo al mantenimento, alla nuova situazione economico-patrimoniale.
Sulla scorta delle suesposte considerazioni la Corte d’Appello di Roma non solo ha rigettato il reclamo, confermando le decisioni del Tribunale, ma ha sanzionato la temerarietà e l’infondatezza della domanda con la condanna alle spese del giudizio oltre al pagamento di una somma pari al contributo unificato a carico della reclamante, sussistendo i presupposti di cui all l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/02, come modificato dall’art. 1, comma 17, L. n. 228/12.