Mantenimento e assistenza morale nei confronti dei figli sono gli obblighi incombenti sui genitori, siano essi sposati o meno.
L’art. 315 bis c.c. sancisce il diritto dei figli di essere mantenuti, educati, istruiti e assistiti moralmente dai genitori, nel rispetto delle loro capacità, delle loro inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni.
L’art. 316-bis c.c. impone ai genitori l’adempimento dei loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.
Il rapporto familiare non sempre è sereno e quando le turbative divengono ingestibili i coniugi decidono di separarsi. Intervenuta la separazione, salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico a carico di uno dei coniugi in favore dei figli e, ove occorra, anche dell’altro coniuge.
Ma cosa accade se il genitore onerato si sottrae alla corresponsione dell’assegno di mantenimento?
I beneficiari dell’assegno di mantenimento potranno esperire le azioni civili utili a recuperare coattivamente le somme non versate dall’onerato che, qualora abbia omesso colpevolmente il versamento dell’assegno, incorrerà nelle sanzioni previste dall’art. 570 c.p. per violazione degli obblighi di assistenza familiare che il successivo art. 570-bis estende ai casi di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero di violazione degli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.
Le pene previste consistono nella reclusione fino a un anno o nella multa da euro 103 a euro 1.032.
Il genitore inadempiente, quindi, potrebbe subire, nei casi più gravi, la condanna fino a un anno di reclusione.
Ma se i genitori non sono sposati la mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento disposto in favore dei figli configura il reato previsto dagli artt. 570 e 570-bis c.p.?
Va subito precisato che l’art. 3 (oggi abrogato) della Legge 8 febbraio 2006, n. 54, in caso di violazione degli obblighi di natura economica demandava all’articolo 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (anch’esso oggi abrogato) che recitava: “Al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall’articolo 570 del codice penale”.
E’ importante sottolineare che il citato art. 12-sexies faceva esplicito riferimento al coniuge e di conseguenza limitava il campo d’applicazione delle pene previste dall’art. 570 c.p. solo a quelle situazioni di inadempimento realizzatesi tra coniugi. Una lettura frettolosa dell’art. 4, comma 2 della Legge 8 febbraio 2006, n. 54 potrebbe indurre a credere che il rinvio all’articolo 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 sia da ritenere esteso anche alle situazioni riguardanti i figli di genitori non coniugati. La Cassazione ha fatto chiarezza con la sentenza n. 2666 del 19 gennaio 2017 precisando che “Deve escludersi, però, che la L. n. 54 del 2006, articolo 3, si riferisca anche alla violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza.
Invero, la disposizione in esame, in forza della quale “in caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica la L. 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 12 sexies“, deve essere letta nel contesto della disciplina dettata dalla L. 8 febbraio 2006, n. 54, e, in particolare, dell’articolo 4, comma 2, che recita: “Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”.
L’enunciato linguistico dell’articolo 4, comma 2, cit. risulta introdurre una distinzione tra le diverse classi di ipotesi: precisamente, da un punto di vista sintattico, le disposizioni della L. n. 54 del 2006, sono indicate come da applicare non “in caso di figli di genitori non coniugati” – come, invece, “in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio” – ma “ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”. Tale precisazione non risulta essere una formula verbale priva di possibili significati rilevanti, poiché la disciplina dettata dalla L. n. 54 del 2006 – oltre a prevedere le disposizioni penali di cui all’articolo 3 e le “disposizioni finali” di cui all’articolo 4 – regola, all’articolo 1, i provvedimenti che il giudice deve adottare in relazione ai figli allorché interviene la separazione tra i genitori, modificando l’articolo 155 c.c., e introducendo gli articoli 155 bis, 155 ter, 155 quater, 155 quinquies e 155 sexies c.c., nonché, all’articolo 2, profili processuali relativi alle controversie in materia di esercizio della potestà genitoriale e di affidamento, modificando l’articolo 708 c.p.c., e introducendo l’articolo 709 ter c.p.c.. Può allora concludersi che, mentre in caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio si applicano tutte le disposizioni previste dalla L. n. 54 del 2006, per quanto riguarda i figli di genitori non coniugati il riferimento ai “procedimenti relativi” agli stessi assolve alla funzione di circoscrivere l’ambito delle disposizioni applicabili a quelle che concernono i procedimenti indicati dalla L. n. 54 del 2006, e che sono quelli civili di cui all’articolo 2, e non anche alle previsioni normative che attengono al diritto penale sostanziale.
La soluzione appena indicata, oltre ad essere attenta al dato testuale delle disposizioni di legge, risponde anche al principio del cd. “diritto penale minimo” e non lede la posizione sostanziale dei figli di genitori non coniugati, per la cui tutela è possibile il ricorso a tutte le azioni civili, e ferma restando, inoltre, l’applicabilità della fattispecie di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2”.
Alla luce della citata sentenza della Suprema Corte, il genitore non vincolato dal rapporto coniugale, che omette il versamento dell’assegno in favore dei figli, pur soggiacendo agli effetti sanzionatori delle azioni avviate per le vie civilistiche, non commette il reato di cui all’art. 570 c.p. e, conseguentemente, non può subire la condanna che prevede la reclusione fino a un anno o la multa da euro 103 a euro 1.032, ferma restando, però, l’applicabilità della fattispecie di cui all’articolo 570 c.p., comma 2, n. 2.
Ad abundantiam, il recentissimo Decreto Legislativo 1 marzo 2018, n. 21 ha abrogato l’articolo 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 e l’articolo 3 della legge 8 febbraio 2006, n. 54.