Il nuovo art. 497 c.p.c., modificato dal d.l. n. 83/2015 ha introdotto una rilevante novità: il dimezzamento dei termini dell’efficacia del pignoramento.
L’art. 13 lettera d) del decreto legge, infatti, modifica l’art. 497, primo comma, c.p.c., prevedendo che la vendita o l’assegnazione dei beni pignorati vada richiesta entro 45 giorni (in luogo degli attuali novanta), a pena di inefficacia.
La disposizione, peraltro, si applica ai procedimenti pendenti sin dalla data di entrata in vigore del decreto legge (dal 27 giugno 2015), posto che il timing non è stato modificato dalla legge di conversione.
Ciò vale, peraltro, soltanto per le nuove vendite disposte dal giudice o dal professionista delegato (aggiunta operata dalla legge di conversione), perché quelle già disposte hanno luogo con l’osservanza delle norme precedentemente vigenti.
Sul termine di efficacia, richiamando il consolidato orientamento della giurisprudenza, non sembrano esservi dubbi sul fatto che lo stesso decorra dalla data di notifica del pignoramento e non dalla trascrizione (cfr., ex multis, Cass. n. 7998/2015; Cass. n. 9231/1997; contra, soltanto Cass. n. 12429/2008).
A rimanere intoccata dalla riforma è la norma di cui all’art. 481 c.p.c. che stabilisce la cessazione dell’efficacia del precetto. Lo stesso, quindi, diventerà inefficace se nel termine di 90 giorni dalla notifica non sia iniziata l’esecuzione, salvo che venga proposta opposizione: in tal caso il termine rimane sospeso, riprendendo a decorrere a norma dell’art. 627 c.p.c.
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