Il regime di separazione dei beni tra coniugi
Con la celebrazione del matrimonio gli sposi sono chiamati a scegliere il regime patrimoniale che disciplinerà gli aspetti economici della loro unione. Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione, è costituito dalla comunione dei beni.
Le convenzioni matrimoniali possono essere stipulate in ogni tempo, per atto pubblico sotto pena di nullità e, per essere opponibili ai terzi, devono essere annotate a margine dell’atto di matrimonio.
Il regime di separazione dei beni
Se tra i coniugi vige il regime di separazione dei beni, tutto ciò che i due sposi hanno acquistato precedentemente al matrimonio e tutto quello che acquisteranno successivamente rimarrà di proprietà esclusiva di ciascuno di loro. I rispettivi patrimoni rimangono dunque separati anche se ciò non impedisce ai coniugi di avere uno o più beni in comune. I coniugi in regime di separazione dei beni potrebbero decidere, al momento dell’acquisto di un nuovo bene (successivamente alla data del matrimonio), di cointestarne la proprietà.
La scelta del regime di separazione dei beni potrebbe rilevarsi utile nel caso di fallimento di uno dei coniugi che, vigente la separazione dei beni, vedrebbe preservata la proprietà dell’altro coniuge.
Viceversa, “la natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l’espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione, abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all’atto della sua vendita od assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in caso di assegnazione” (Cass. n. 6575/2013).
Inoltre, la separazione dei beni può aiutare a dipanare le inevitabili questioni di ordine patrimoniale all’atto di un’eventuale separazione.
Relativamente ai debiti contratti da uno dei coniugi, se questi sono stati contratti nell’interesse della famiglia, anche se nessuna norma lo prevede, secondo un orientamento dottrinale, dovrebbe valere la regola della responsabilità solidale dei coniugi in base alla quale entrambi rispondono con i loro beni per i debiti posti in essere da uno solo dei due. Tale orientamento appare condiviso da una pronuncia della Corte di Cassazione (Sentenza n. 8995 del 25/07/1992) dalla quale si evince che: “L’obbligo imposto dall’art. 147 cod. civ. ad entrambi i coniugi di mantenere, istruire ed educare la prole si riverbera nei rapporti esterni, con la conseguenza che ove trattisi di obbligazioni derivanti dal soddisfacimento di esigenze primarie della famiglia, quali in particolare la cura della salute (nella specie: prestazioni sanitarie erogate da un professionista ai figli minorenni) deve riconoscersi il potere dell’uno e dell’altro coniuge di fronte ai terzi, in virtù di un mandato tacito, di compiere gli atti occorrenti e di assumere le correlative obbligazioni con effetti vincolanti per entrambi, in deroga al principio secondo cui soltanto il coniuge che ha personalmente stipulato l’obbligazione risponde del debito contratto”. Successivamente, la stessa Corte (sentenza n. 25026/2008) ha evidenziato che tale principio si applica solo nei casi in cui il debito contratto abbia a che fare con l’esigenza di soddisfare bisogni primari della famiglia come quello della salute dei suoi componenti. Nelle altre ipotesi, richiamando i principi enunciati dal codice civile, la Suprema Corte ha precisato che: “Nella disciplina del diritto di famiglia, introdotta dalla L. 19 maggio 1975, n. 151, l’obbligazione assunta da un coniuge, per soddisfare bisogni familiari, non pone l’altro coniuge nella veste di debitore solidale, difettando una deroga rispetto alla regola generale secondo cui il contratto non produce effetti rispetto ai terzi. Il suddetto principio opera indipendentemente dal fatto che i coniugi si trovino in regime di comunione dei beni, essendo la circostanza rilevante solo sotto il diverso profilo dell’invocabilità da parte del creditore della garanzia dei beni della comunione o del coniuge non stipulante, nei casi e nei limiti di cui agli artt. 189 e 190 c.c.” (Cass. Sentenza n. 3471 del 15/02/2007).
La scelta del regime di separazione dei beni non esenta il coniuge dal contribuire alla spese per la conduzione familiare. Ciascuno è tenuto a contribuire, in proporzione alle proprie capacità reddituali, al mantenimento della casa e della famiglia.
In regime di separazione i coniugi sono liberi di acquistare o vendere beni separatamente.
Il regime della separazione si applica anche in caso di scioglimento della comunione per la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi, per l’annullamento, per lo scioglimento o per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, per la separazione personale, per la separazione giudiziale dei beni, per mutamento convenzionale del regime patrimoniale, per il fallimento di uno dei coniugi.
Recentemente, la legge n. 55/2015 ha modificato l’articolo 191 c.c. precisando che, nel caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati o alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato. Fino ad oggi la comunione legale si scioglieva con il passaggio in giudicato della sentenza di separazione giudiziale o del decreto di omologa della separazione consensuale.
Lo scioglimento ha efficacia ex nunc, evitando il rischio di immobilizzo del patrimonio comune , almeno per tutta la durata del giudizio di 1° grado per la separazione giudiziale, se non addirittura per altri due gradi di giudizio. Gli acquisti compiuti da un solo coniuge in questo lasso di tempo potevano cadere in comunione, anche se i coniugi ormai non coabitavano più ed era venuta meno la comunione morale e spirituale che li univa, ed era, infine, possibile per un coniuge disporre dei beni comuni sottraendo sostanze al patrimonio familiare.
La modifica legislativa consente pertanto di definire fin da subito i rapporti patrimoniali tra coniugi in regime di comunione legale.
La legge di riforma prevede che l’ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati sia comunicata all’ufficiale dello stato civile ai fini dell’annotazione dello scioglimento della comunione sull’atto di matrimonio.