Un particolare approfondimento merita la pronuncia espressa dal Tribunale di Lecce, con sentenza del 16.10.2013, avente ad oggetto la revoca della donazione relativa alla nuda proprietà di un immobile del quale il marito era usufruttuario e la moglie donataria della nuda proprietà.
La moglie in qualità di attrice chiedeva la decadenza del diritto di usufrutto vantato dal marito per avere quest’ultimo omesso la custodia, l’amministrazione e la manutenzione dell’immobile. Rassegnava le proprie conclusioni e chiedeva di essere riconosciuta quale proprietaria piena ed esclusiva dell’abitazione; inoltre, domandava al Conservatore dei Pubblici Registri immobiliari la cancellazione del diritto di usufrutto beneficiato dal marito.
L’attrice riferiva di essere sposata con il convenuto che, riservandosi l’usufrutto sua vita natural durante, le aveva donato la sola nuda proprietà della casa coniugale. Da essa la donna era stata costretta ad allontanarsi a seguito del ricovero del marito in una casa per anziani. La moglie sosteneva che l’uomo si era totalmente disinteressato dell’abitazione familiare facendola decadere in totale stato di degrado.
Il marito si costituiva in giudizio e dichiarava che il cattivo stato di conservazione risaliva ad epoca precedente alla donazione della nuda proprietà a causa di scarse risorse economiche, sistematicamente ignorate dalla moglie, ma documentate dalla beneficenza di vicini e parenti.
Il convenuto chiedeva che il Tribunale accertasse e dichiarasse l’inadempimento da parte della moglie nei suoi confronti di tutte le obbligazioni nascenti dal matrimonio quali assistenza morale e materiale e in più denunciava di aver subito, offese e attentati al suo stato di salute. In ultimo evidenziava l’inadempimento dell’obbligo di prestare alimenti in suo favore da parte del coniuge, denunciava il tentativo di spoglio e, con domanda riconvenzionale chiedeva la revoca della donazione per indegnità, invocando i fatti su descritti quale causa di ingratitudine nei suoi confronti.
L’uomo spiegava che la moglie, approfittando della debolezza causata dalle sue precarie condizioni di salute lo aveva indotto a risposarla con rito civile, facendosi donare, qualche giorno prima del nuovo matrimonio, la nuda proprietà dell’abitazione di cui era proprietario.
Dopo poco tempo la donna lo abbandonava e si trasferiva a casa della madre del tutto indifferente alle sorti del coniuge. Nel 1989, reiterava richiesta di separazione giudiziale.
Quest’uomo aveva vissuto per circa venti anni il matrimonio in solitudine senza il minimo supporto economico e morale della consorte, benestante, che, con i suoi atteggiamenti, umiliava la dignità del marito.
All’esito dell’istruttoria il giudice leccese decideva di rigettare la domanda attorea per una serie di motivi.
Il giudicante rilevava che: “il nudo proprietario il quale chieda la decadenza dell’usufruttuario dal suo diritto, adducendo che si sia verificata una delle ipotesi previste dall’art. 1015 c.c. ad esempio abuso del diritto consistente nell’alienazione o nel deterioramento dei beni ovvero nella mancanza di ordinarie riparazioni che li lasci andare in perimento, deve limitarsi a dimostrare la sussistenza di tali condizioni al momento della proposizione della domanda esaurendosi con questa prova l’onere posto a suo carico”.
L’usufruttuario in sua difesa aveva affermato che la mancanza di manutenzione preesisteva alla costituzione del suo diritto; disposta la consulenza tecnica quest’ultima accertava che gli immobili presentavano uno stato manutentivo sostanzialmente preesistente alla costituzione del diritto dell’usufruttuario.
La CTU confermava le dichiarazioni del convenuto per cui la domanda formulata da parte attrice veniva rigettata.
Con riferimento alla domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto il giudice precisava che doveva ritenersi l’inapplicabilità dell’art. 805 c.c. (che esclude la revoca per causa di ingratitudine delle donazioni fatte in riguardo di un determinato matrimonio) tenuto conto che – a differenza del caso di specie – la donazione in riguardo di matrimonio, prevista dall’art. 785 c.c., è un negozio formale e tipico, caratterizzato dall’espressa menzione, nell’atto pubblico che la contiene, che l’attribuzione patrimoniale, eseguita da uno degli «sposi» o da un terzo, sia compiuta «in riguardo di un futuro determinato matrimonio» (Cassazione civile. sez. Il. 12/07/2006, n. 15873).
Ancora con riferimento all’ipotesi di ingiuria grave richiesta, ex art. 801 c.c. (quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine) deve essere caratterizzata dalla manifestazione, nel comportamento del donatario, di un durevole sentimento di disistima delle qualità morali e di irrispettosità della dignità del donante contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbe caratterizzarne l’atteggiamento.
Spiegava che tale presupposto non poteva essere desunto da singoli accadimenti che, pur risultando di per sé censurabili, per il contesto in cui si sono verificati e per una situazione oggettiva di aspri contrasti esistenti tra le parti, non possono essere ricondotti ad espressione di quella profonda e radicata avversione verso il donante che costituisce il fondamento della revocazione della donazione per ingratitudine (Cassazione civile, sez, II. 24/06/2008. n. 17188).
Anche l’indebito rifiuto degli alimenti (dovuti ai sensi dell’art. 433 c.c.) può essere motivo di revoca della donazione, indipendentemente dal fatto che l’obbligazione alimentare abbia formato oggetto di una domanda giudiziale, non essendo tale estremo menzionato dall’art. 801 c.c., come elemento integrante di tale causa di revoca della donazione (Cass. Civ. Sez. II,17.5.1968, n. 1557).
I testi ascoltati confermavano che la moglie non si era mai curata del marito e che vicine di casa ed amici, di vecchia data, dell’uomo si preoccupavano di preparargli dei pasti caldi, di pulirgli la biancheria e provvedere alla sua cura personale.
I testimoni confermavano le indempienze della moglie e l’allontanamento dalla casa coniugale.
Un carabiniere, ascoltato in qualità di teste, aggiungeva anche che in paese si diceva che il secondo matrimonio fosse fittizio.
In aggiunta risultava provata l’azione di spoglio posta in essere dalla moglie ai danni del marito nell’anno 2007, come acclarato con ordinanza del Tribunale di Lecce del 2008 in accoglimento del relativo ricorso.
Tutte queste circostanze giustificavano la revoca della donazione per ingratitudine ex art. 801 c.c.
Il giudice onorario rigettava la domanda attorea e accoglieva la domanda riconvenzionale spiegata dal convenuto. Di conseguenza revocava la donazione della nuda proprietà dell’immobile effettuata dal convenuto in favore della moglie; disponeva la compensazione delle spese di lite e poneva a carico di parte attrice le spese di CTU.