L’avviso di accertamento e/o la cartella esattoriale affetti da vizio di nullità, qualora non impugnati nei termini, legittimano la pretesa tributaria. La Suprema Corte, con una recentissima sentenza, la n. 18448 del 18 settembre 2015, ha chiarito che i vizi d’invalidità degli atti impugnati devono essere eccepiti in primo grado in quanto la nullità implica annullabilità e qualora l’invalidità non sia eccepita con ricorso alla Commissione Tributaria, entro il termine di 60 giorni dalla notifica, “il provvedimento tributario viziato da nullità si consolida, rendendo definitivo il rapporto obbligatorio sottostante e legittimando l’Amministrazione finanziaria alla riscossione coattiva della imposta”.
Il caso trae origine dalla contestazione di una cartella emessa a fronte di avvisi di accertamento affetti da vizio di nullità ai sensi dell’articolo 21-septies della Legge n. 241/1990:
“è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”.
Benché i giudici di primo grado avessero accertato la nullità degli avvisi di accertamento per mancanza degli elementi essenziali, l’Agenzia delle Entrate ha contestato la mancata impugnazione di essi sostenendone il consolidamento. La Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo e ha precisato che l’unica ipotesi di nullità nell’ambito della quale sono indifferentemente raggruppati i vizi di natura formale e sostanziale degli atti tributari è data dal combinato disposto dell’articolo 42, comma 3, del Dpr 600/1973 e del successivo articolo 61, comma 2:
“l’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione di cui al presente articolo e ad esso non è allegata la documentazione di cui all’ultimo periodo del secondo comma”.
“La nullità dell’accertamento ai sensi del terzo comma dell’art. 42…, e in genere per difetto di motivazione, deve essere eccepita a pena di decadenza in primo grado”.